Grande è la confusione sotto il cielo e, grazie a un piccolo essere invisibile1, non fa che aumentare. Ancora non ce ne rendiamo bene conto, ma siamo entrati in una fase in cui diventerà quasi impossibile distinguere tra bene e male. Una delle tanti fasi, in cui la psicosi umana2 raggiunge livelli massimi di insostenibilità, sul piano collettivo. Ma tu, d’altronde, sai distinguere tra bene e male?
Io, ad esempio, no. Con il tempo però, ho imparato a darmi dei punti di riferimento per riconoscerli. Sono ragionamenti semplici e banali: talmente semplici, che sono evidenti di per sé. E infatti, si riducono a tre assiomi:
Il male si fa sempre a fin di bene e viceversa
A livello personale, il male è banalità. La banalità del male, consiste nel fatto che nessuno fa mai deliberatamente qualcosa per servire il male, o per amore del male. Ognuno agisce per servire il bene, come egli lo intende: gli uomini si sbranano e si massacrano fra di loro, per servire il bene. Da ciò possiamo dedurre come, nella stragrande maggioranza dei casi, non si fa né il bene, né il male.
Ciò che è giusto per pochi, diventa sbagliato per tanti e viceversa. Processo per cui una legge qualsiasi si trasforma in dogma, generando irrazionalità
A livello collettivo, il male è asimmetria. Il male è l’azione scoordinata di più lobby: cioè, asimmetria del Potere. Cercare, invece, la simmetria del potere3 in ogni cosa, porta a banalizzare il pensiero analitico e a complicare ulteriormente la ricerca del bene. Dall’asimmetria del Potere e del pensiero analitico, consegue il secondo step del male sul piano collettivo: la trasformazione di una legge qualsiasi, giusta e necessaria, in dogma. Quando un gruppo di persone qualsiasi, collettivamente, ragiona per dogmi, l’irrazionalità regna sovrana e con essa il male.
Il fine nobilita (non giustifica) i mezzi e viceversa
Questo è l’unico punto oggettivo, tramite cui capire se si sta compiendo del bene, o del male. Ci si dovrebbe sempre domandare: ciò per cui sto agendo e lottando, nobilita i mezzi che sto utilizzando per farlo? E i mezzi che sto utilizzando, nobilitano il fine per cui sto agendo e lottando? Queste domande valgono sia sul piano personale, che collettivo.
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