Per la rassegna #Cantami_o_Diva, dieci poesie che penso valga la pena leggere almeno una volta nella vita:
Patrizia Valduga – Anima
Anima, perduta anima, cara,
io non so come chiederti perdono,
perché la mente è muta e tanto chiara
e vede tanto chiaro cosa sono,
che non sa più parole, anima cara,
la mente che non merita perdono,
e sto muta sull’orlo della vita
per darla a te, per mantenerti in vita.
Requiem (Einaudi, 1994)
Patrizia Valduga – Senza titolo
Vieni, entra e coglimi, saggiami provami…
comprimimi discioglimi tormentami…
infiammami programmami rinnovami.
Accelera… rallenta… disorientami.
Cuocimi bollimi addentami… covami.
Poi fondimi e confondimi… spaventami…
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami… ardimi bruciami arroventami.
Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgmominami poi sgomentami…
dissociami divorami… comprovami.
Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra… riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.
Medicamenta e altri medicamenta (Einaudi, 1989)
Patrizia Valduga – L’età dell’innocenza
Donna bambina ma di troppe brame
o donna di dolori e di buriane,
sempre presa da trippe e budellame,
non so uscire dal buio stamane,
dal cavo della mia notte catrame,
tra geli duri e colpi di caldane,
e sollevarmi e via con voglie grame
fingendo quieti, cose lievi e piane,
per i giorni di guerra e bulicame
e per predar le prede piene e vane,
e a vedere come senza esche o trame
poco lega l’amoroso legame…
Oh cuore che mi caschi! Che rimane?
Un annientato niente. E ho anche fame.
Medicamenta e altri medicamenta (Einaudi, 1989)
Gianmarco Gronchi – Senza titolo
remo, simone, cinzia, gabriele,
amici, io vi chiamo per nome
per chiedervi se sareste felici
nel mettersi a tavola tutti insieme
in una comunione d’intenti
come facevamo nei giorni
in cui eravamo vivi
tra i vivi.
Da tanto tempo non vi vedo
e so poco di voi e delle vostre vite,
che fate, come stanno i bambini,
con chi uscite. So solo che siete
nel pieno delle forze e che scrivete
come avete vissuto.
Che volete far passare questa terra
dal collo dell’imbuto
Inedito da Interno Poesia
Vincenzo Cardarelli – Ottobre
Un tempo, era d’estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all’autunno
dal colore che inebria,
amo la stanca stagione
che ha già vendemmiato.
Niente più mi somiglia,
nulla più mi consola,
di quest’aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulle vigne saccheggiate.
Sole d’autunno inatteso,
che spendi come in un di là,
con tenera perdizione
e vagabonda felicità,
tu ci trovi fiaccati,
vòlti al peggio e la morte nell’anima.
Ecco perché ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio,
tornando ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto più bello quanto più t’inoltri
e sei lì per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch’è tutta una dolcissima agonia.
Opere (Mondadori, 1981)
Idea Vilariño – Vive
Aquel amor
aquel
que tomé con la punta de los dedos
que arrastré por los suelos
que dejé que olvidé
aquel amor
ahora
en unas líneas que
se caen de un cajón
está ahí
sigue estando
sigue diciéndome
está doliendo
está
todavía
sangrando.
Di rose che si aprono nell’acqua (Bompiani, 2021)
Beppe Salvia – Senza titolo
Abbiamo nel cuore un solitario
amore, nostra vita infinita,
e negli occhi il cielo per nostro vario
cammino. Le spiagge i cieli, la riva
su cui sassi e rovi e il solitario
equisèto, e colli erbosi grassi
rioni, città dispiegate come
belle bandiere, e nude prigioni.
Questa è la nostra vita. Questi nostri
volti vagabondi come musi
di cani ci somigliano. Il vento
il sole le corolle rosse e blu,
i sogni mai sognati i nostri sogni.
Questa è la nostra vita e nulla più.
Cuore (Interno Poesia Editore, 2021)
Roberto Lamantea – Senza titolo
è rosa l’aria
è un tramonto, è ossidazione
è pittura, è industria
polline di metallo, fumo innervato
aria che non respira, climax
che delira,
nebula d’acidi arcani
che cesella
e cancella paesaggi
sono i raggi dell’incanto
poesia geneticamente modificata
l’ultima data
dell’umano vanto
Uno strappo bianco (Interno Libri Editore, 2021)
Giovanni Giudici – I vecchi
Non onorate i vecchi,
abbiatene pietà
perché sono gli specchi
di come finirà
tutta la vita per noi
che non abbiamo virtù:
vogliono i vecchi eroi
amore, ma non c’è più
nei vecchi nulla da amare,
lacrime, sesso e vino:
tutto dobbiamo odiare
nei vecchi, nostro destino.
Ladri di notti corte,
il giorno ci perderà:
coi vecchi la stessa morte
misura le nostre età.
Tutte le poesie (Mondadori, 2014)
Elizabeth Bishop – One art
The art of losing isn’t hard to master;
so many things seem filled with the intent
to be lost that their loss is no disaster.
Lose something every day. Accept the fluster
of lost door keys, the hour badly spent.
The art of losing isn’t hard to master.
Then practice losing farther, losing faster:
places, and names, and where it was you meant
to travel. None of these will bring disaster.
I lost my mother’s watch. And look! my last, or
next-to-last, of three loved houses went.
The art of losing isn’t hard to master.
I lost two cities, lovely ones. And, vaster,
Some realms I owed, two rivers, a continent.
I miss them, but it wasn’t a disaster.
— Even losing you (the joking voice, a gesture
I love) I shan’t have lied. It’s evident
the art of losing isn’t hard to master
though it may look like (Write it!) like disaster.
From: The Complete Poems 1926-1979 (1983, by Alice Helen Methfessel)
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