Un aspetto del potere legislativo di cui non si parla mai… ma proprio mai! Di solito la cronaca parlamentare si concentra molto sulla discussione in Parlamento, giustamente. Anche perché ci sono due buoni motivi: ci si può concentrare di più sugli aspetti futili delle leggi (le dichiarazioni dei politici, le opinioni della ggggente e via giugioneggiando) e si può scrivere ciò che si vuole, cosa che i giornalisti adorano fare in modalità “a-vanvera”. Eppure, tra l’approvazione di una legge e la sua attuazione, cioè come concretamente inciderà sulla società, c’è di mezzo il mare. E questo mare si chiama Decreto Attuativo.
Al link trovi tutti i dettagli della spinosa questione. Però, volendo riassumerla, il fatto è questo: dopo che un ddl viene approvato da entrambi i rami del Parlamento e pubblicato in Gazzetta, avviene la cosiddetta “attuazione amministrativa”. In pratica la logica è che, siccome le norme approvate sono di carattere troppo generale, hanno bisogno di norme più particolari, di competenza dei Ministeri, per diventare operative: i decreti attuativi, appunto. Ed è qui che comincia l’incredibile: le riforme e le leggi, proclamate in pompa magna dai partiti, rimangono sospese per anni e in alcuni casi non ne escono più. Il risultato è che quelle leggi non verranno mai attuate!
Il compito di monitorare i decreti attuativi è affidato all’Ufficio per il programma di Governo, ufficio gestito dal Ministro per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento, un ministero senza portafoglio alle dirette dipendenze del Primo Ministro (per chi non c’ha capito ‘na mazza: la Boschi… ora ci siamo capiti, immagino). Ecco, succede che un gruppo di associazioni civiche, in un tavolo di discussione organizzato dal Governo, propongono di migliorare la trasparenza senza sborsare un euro in più e addirittura facendo meno lavoro. Indovina la risposta? No, non è il #cambiaverso del Fenomeno…
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