Leviamoci un altro sassolino dalla scarpa, rispondendo a una domanda che mi hanno rivolto più volte: perché non sono mai diventato giornalista? Per tre semplici motivi:
- oggettivamente, il giornalismo può permetterselo solo la tasca di una élite;
- soggettivamente, provo vergogna per questo mestiere;
- personalmente, penso di non avere la stoffa giusta.
Barriere economiche del giornalismo professionista
Mi fu chiaro fin dal primo momento, che non era un mestiere per tuttǝ: competizione altissima ed egocentrismo a mille! Però, non fu tanto quello a irrigidirmi, quanto i costi per accedere… in ordine sparso:
- per una scuola di giornalismo seria, cioè che ti permetteva di accedere “seriamente” alla professione, si partiva da un costo annuo di 10 mila euro fino a punte di 15 mila. Naturalmente, lasciando da parte vitto e alloggio. Oggi non ho idea dei costi, ma non sono troppo lontani da quelli di allora e puoi cercarli in autonomia sul web;
- se non potevi permetterti la scuola, allora ripiegavi sulla dura strada delle testate online e offline. Ti mettevi di santa pazienza a produrre contenuti e, quando ti andava particolarmente bene, arrivavi a prendere 30€ ad articolo (io sono arrivato a guadagnare molto di più). Va da sé che, se volevi mantenerti da solo, dovevi per forza svolgere in parallelo un altro lavoro. Da ciò conseguono due domande: come tenere un alto standard qualitativo della produzione giornalistica, se sei impegnato in altro? Come puoi diventare un giornalista professionista, se svolgi un altro lavoro con regolare contratto? Alla prima domanda non c’è bisogno di rispondere, perché sull’assoluta precarietà1 del giornalismo hanno scritto persone molto più autorevoli2 di me. Mentre per la seconda, vedi punto successivo;
- se vuoi diventare giornalista professionista, devi svolgere la professione in maniera “esclusiva”. Scritto in soldoni: non puoi svolgere nessun altro lavoro che sia regolarmente contrattualizzato. Se vuoi portare avanti il mestiere in questo modo, esiste un altro elenco che è quello dei pubblicisti, ma non ha lo stesso blasone e la stessa sostanza tecnico-professionale. Se unisci questo punto con quello precedente, capisci il circolo vizioso di questa professione.
Pagatǝ per non capire
“Il giornalismo è l’unico mestiere in cui si viene pagati per non capire”
buh
Questa citazione, di cui non ricordo l’autore, possiamo definirla lapalissiana: chiarisce tutto ed è immediata. Pertanto non c’è alcun bisogno di approfondire, ma voglio solo riportare un ricordo. È successo più o meno attorno al 2009 che, in uno dei miei soliti periodi di iper-pensiero creativo, ragionavo su un punto: possibile, mi chiedevo, che non c’è un/a giornalista che stimi? Ebbene, a distanza di oltre dieci anni, posso solo confermare. Tra i miei numi tutelari rientrano artisti e scienziati, ma nessun giornalista: ci sarà un perché? Il perché, che mi fu chiaro in breve tempo, sta nella sostanza del giornalismo: per portare avanti la missione3 che si prefigge, c’è bisogno di uno spessore intellettuale e una capacità comunicativa non comuni.
Avere le carte in regola
Ecco, ad esempio, io penso di non possedere una grande capacità comunicativa e non è questo il post in cui approfondire la questione. Però, questa mia condizione mi permette di vedere bene tutta la mediocrità che abita il circo mediatico: una mediocrità che esiste per un motivo ben preciso. Infatti, lasciando da parte quanto ho scritto sopra, i giornalisti bravi ci sono ma vengono tenuti ai margini, perché è proprio il modello di business che lo prevede. In qualsiasi redazione è risaputo che viene amplificato più chi fa polemica, che non l’esperto o il competente, perché polarizza il dibattito. E più il dibattito è polarizzato e più si massimizza la raccolta pubblicitaria, perché gli inserzionisti pagano di più per gli spazi: è la stampa, monnèzza! Ma lo scopo vero, è ancora più sofisticato: il potere viene gestito da pochi4 e il potere è innanzitutto una questione di percezione, che non è la realtà5 ma può confonderla. Ed è proprio qui che si insinua il giornalismo: nel creare questa percezione, orientando non cosa pensare ma SU6 cosa pensare. Così si chiude il cerchio: il potere è gestito da pochi e la relativa percezione non può che essere gestita da pochi.
Link utili
- http://www.lsdi.it/2019/il-sistema-della-precarieta/
- https://www.facebook.com/E.Iacopino/posts/1328362220586405 (dichiarazione di Enzo Iacopino, ex presidente ODG, sul sistema della precarietà nel giornalismo)
- https://www.marianobelmonte.it/2017/02/liberta-di-informazione-%e2%89%a0-liberta-di-menzogna/
- https://www.marianobelmonte.it/2020/04/indebolimento-parlamento-italiano/
- https://www.marianobelmonte.it/2020/05/amore-e-verita/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Agenda_setting
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