Per la rassegna #FeudalesimoDigitale (che da anni tengo su twitter) propongo una breve guida sul business dei dati: come si fanno i soldi con i dati, o big-data che dir si voglia?
L’argomento è sdoganato da tempo: lo hanno definito “capitalismo della sorveglianza“ ed è un modo evocativo, per dirci che esiste un gran bel business attorno ai nostri dati personali. Funziona così: utilizzando i motori di ricerca (come Google), o le piattaforme di social-network (come Facebook), tutti/e noi lasciamo una scia di dati. Dati che vanno dall’ultimo pantalone che abbiamo ricercato, al like sui selfie dei nostri amici che abbiamo cliccato. Tutti questi dati, dal momento in cui li rilasciamo con le nostre azioni online, non sono più nostri: vengono spacchettati per target di interesse, aggregati in maniera massiva (quindi non sul singolo utente) e venduti alle agenzie pubblicitarie, di marketing, di intelligence, ecc. Queste ultime, grazie alla mole imponente di dati, riescono a creare campagne pubblicitarie, di marketing, o di ricerca, più mirate e a soddisfare di più gli investitori paganti, perché vendono molti più beni. O almeno, era così all’inizio di questo baillame: oramai devi esserci per forza sul web, vendite o meno, altrimenti non esisti dal punto di vista commerciale.
Vorrei, però, che facessi attenzione ad un dettaglio: tutti i colossi dei big data guadagnerebbero già lautamente con le sole parole-chiave. I siti web li pagano per le aste sugli annunci basati sulle parole-chiave, le affiliazioni online e hanno anche i loro negozi online, dove guadagnano dalla vendita di prodotti. E allora, come mai la necessità di tracciare la nostra cronologia di ricerca, o tutti i luoghi in cui siamo stati? Perché queste piattaforme online si sono trasformate da agenzie web, in imponenti agenzie pubblicitarie: le più imponenti che il mondo abbia mai sperimentato!
Info utili sul business dei dati
Non so se è chiaro, ma stiamo parlando di un business pubblicitario su scala planetaria, che va al di là degli Stati. E va anche al di là di supposte e ancora velleitarie leggi sulla privacy (qui e qui trovi due esempi plastici di cosa succede con i tuoi dati). Come al solito, tocca studiare… per facilitarti, ti indico di seguito la consueta lista di contenuti e risorse utili per farti una tua idea:
- studio, dell’Università di Princeton, sui software traccianti (tracker), fatto su 1 milione di siti web nel 2016;
- alcune soluzioni legislative al capitalismo della sorveglianza;
- come i colossi farmaceutici possono accedere ai nostri dati sulla salute;
- il libro “Big Data: come stanno cambiando il nostro mondo”;
- quanto costa controllare i dati, o lo spionaggio;
- cosa succederebbe all’advertising, se tutte le regole sulla privacy fossero rispettate?
- La storia contorta della Weople, la startup che vuole restituire agli utenti parte dei guadagni che i giganti web fanno con i loro dati personali;
- cosa fanno i trackers, i software che tracciano i nostri dati;
- articolo su come i dati non possono essere mai totalmente anonimi;
- il “paradosso della privacy”: perché le persone continuano ad usare gli strumenti che abusano dei loro dati?
- L’era del capitalismo della sorveglianza;
- come fare business, con un motore di ricerca, senza tracciare l’utenza;
- il nuovo business sui dati del tuo DNA.
Infine, vorrei segnalare un’iniziativa importante, che va esattamente nella direzione in cui, io penso, andremo in futuro: Weople. È ancora qualcosa di avveniristico e sono convinto che la questione non potrà essere risolta solo nel privato, ma si dovrà andare per forza sul terreno politico. Però, sono sicuro che è quella la direzione in cui si andrà a breve… ma gli dedicherò le mie attenzioni in maniera specifica 😉
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