Cari avi: voi che lo avete guidato e ispirato;
voi, che dal tettuccio della FIAT-500 lo avete vissuto;
voi, che con sapiente e creativa ingegneria lo avete progettato,
cantatemi del “Made in Italy”: che cosa è stato?
E loro: “Caro figlio, la vulgata dice che il prodotto italiano
sia solo la pizza, la pasta, il vino e il parmigiano:
tutte attività a basso valore aggiunto.
Vuoi saper la verità?
Sono solo cialtronerie, basate su un pregiudizio presunto!
Se vuoi scoprire la Realtà,
lascia stare queste barzellette:
ti basterà controllare l’export del 2017″.
Controlliamo un po’: cosa ci dicono i dati, in riassunto?
Chi l’avrebbe mai detto: l’88% delle esportazioni,
è fatto da settori… non proprio per coglioni!
E sono settori dove non solo siamo bravi
ma siamo addirittura tra i primi,
nonostante la crisi e tutte le situazioni gravi.
E pensare che, fino al 1960, il “Made in Italy” veniva usato per rimarcarne l’inferiorità.
Ma, tra una preghiera e l’altra, l’Italia trovò un Dio: la propria creatività.
Sfida impossibile, in apparenza, senza materie prime:
il nulla, eccetto il marmo e un po’ di biodiversità, ma sublime.
Italia, nazione di santi, navigatori, poeti e… manifattura:
quel processo per cui la materia grezza si trasforma in creatura
e l’increato in prodotti finiti;
demiurgo di scarpe, orologi, occhiali e tessuti;
prodotti di cui abbiamo fatto la storia a tutti gli effetti,
insieme a gomma, piastrelle e rubinetti.
Ma la creatività, da sola, non bastava: per redistribuire, c’era bisogno di un’entità superiore.
C’era bisogno dello Stato imprenditore.
Scelta necessaria (anche se, in apparenza, contradditoria)
quando l’Italia era stremata, per aver agito dal lato sbagliato della Storia.
Tutto distrutto! Con una ripresa che sembrava un impossibile calvario…
E proprio dalla patria dei liberisti arrivò il Piano Marshall: un piano di investimenti pubblici straordinario.
Anche gli americani lo capirono che c’era bisogno di redistribuzione:
fu così che nacquero la “formula IRI“, la Legge Stralcio, la Riforma Fondiaria, la Cassa per il Mezzogiorno, il Piano Fanfani, la Legge Vanoni
e la gloriosa ENI, con il gas in Val Padana, tramite cui l’orgoglio italiano fu affrancato.
Con il Pubblico che, in osmosi inversa, valorizzava l’iniziativa del Privato.
Fu questo l’humus con cui aumentarono le importazioni,
si aderì alla CEE, favorendo dal ’58 gli scambi internazionali,
e si posero le basi per la forza del Made in Italy: le esportazioni.
Per l’industria e la manifattura italiana, fu letteralmente come avere le ali.
Si definì “il boom” e a buon ragione:
perché fu una vera e propria esplosione!
L’Italia andò oltre il settore tessile: nacquero i triangoli industriali,
sfidando sé stessi sulla meccanica e sul petrolchimico;
convincendo un intero mondo, che ci guardava cinico.
Fiat, Montedison, Olivetti, Ansaldo e Ilva ebbero presto pochi eguali
ma, come tutti i miracoli, c’era bisogno di gambe, mani e braccia reali.
Manodopera a basso costo, come non ce n’era mai stata:
un’emigrazione interna furiosa e incontrollata,
che trasudò lavoro, trattata peggio di un animale…
e c’è ancora chi parla di Questione Meridionale!
Senza la carne viva dei lavoratori, dal Sud lontano,
nessun plusvalore sarebbe stato possibile per il Miracolo italiano!
Un’ossatura formata da micro e piccole imprese,
che tuttóra sono più del 98% del Bel Paese
e su cui, un tempo, si innervava il nostro circuito finanziario iper-locale,
con un rapporto risparmio/reddito micidiale!
Invece, oggi la vulgata pone l’attenzione
solo sull’impresa media e grande
(che insieme non fanno il 2% neanche),
inventando corbellerie come il “familismo amorale“,
ragliate da accademici tronfi come un pallone.
“E allora?” riprendono i miei avi
“Sul Made in Italy, hai capito di cosa parlavi?”
“Cari avi” rispondo io “ho capito che, nel bene e nel male,
il Prodotto Italiano esiste solo come manufatto immateriale.
Non è l’acqua, l’aria, la terra, o la materia italiani,
né, tantomeno, solo le nostre mani
che creano i prodotti di cui andiamo fieri.
Sono la Conoscenza e lo Zeitgeist italiano
che hanno creato il miracolo, oramai dimenticato.
La Conoscenza, che ci permette di prendere materiali
anche dagli alieni e rivalutarli oltre il loro stato.
Lo Zeitgeist, che esisteva quando redistribuivamo e tutelavamo,
non solo quello estero ma anche quello interno, di mercato”.
“Noi ti crediamo” rispondono loro, con leggera rabbia sui visi,
“ma allora, perché questo modello è andato in crisi?”
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