Sulla mia Pelle

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Film visto al Cinema Aquila di Roma, lunedì 15 ottobre. Più che un film, una legnata in testa: lo avrebbero potuto intitolare “Sulla NOSTRA pelle”, perché è una storia che ci riguarda tutti/e per una serie di motivi.

La storia di Stefano Cucchi è una sconfitta per tutti/e:

  • perché ad uscirne sconfitta è la Famiglia, in quanto istituzione: ne esce malissimo, fatta a pezzi da un sistema socio-economico che non offre più un senso della vita. La situazione in cui si è trovata la famiglia di Stefano è una situazione in cui potremmo trovarci tutti: brave persone, con un figlio dal carattere esuberante e la cui esuberanza l’ha portato ad essere un tossico, fin da giovanissimo. Chi ha avuto a che fare con i tossici, sa quanto possano essere difficili i rapporti e la gestione di tutti i comportamenti antisociali che la dipendenza comporta. Da quando sono diventato padre ho capito che, in fondo, non è la famiglia che può darti interamente l’educazione, o il senso della vita: per quello ci sono altri luoghi e persone, istituzionali e non, come la scuola, la chiesa, il partito, gli interessi, il gruppo di amici, ecc. La famiglia può sicuramente darti un orientamento importante in tal senso ma, stringi-stringi, l’unica cosa che può offrirti “realmente” è un bene che difficilmente puoi trovare altrove: l’amore incondizionato per quello che sei, sempre e a prescindere da tutti i tuoi difetti. Ed è esattamente questo che hanno fatto i Signori Cucchi: amare il loro figlio, nonostante tutte le minchiate fatte, tentando ogni strada possibile. Il film, tra l’altro, rende anche bene la loro titubanza nel voler aiutare il figlio che, per l’ennesima volta, si era cacciato nei guai e, leggendo tra le righe, si può ritrovare nel senso di colpa per non aver creduto nel suo fratellino tossico, la molla che ha spinto la sorella a ricercare la giustizia. Sarà perché ora sono padre anch’io, ma alla fine del film esci con una sensazione di impotenza: è come se la famiglia non esistesse proprio, in questa tragedia, o che comunque possa fare pochissimo nella società moderna e che le solite armi dell’educazione, dei sensi di colpa, non bastino più per preservare i propri figli dalle conseguenze di scelte sbagliate;
  • perché ad uscirne sconfitto è lo Stato. Per chi ancora non l’avesse capito: dopo la famiglia, lo Stato è l’unico baluardo a difesa di noi tutti e lo paghiamo bene per svolgere questo compito. Paghiamo i politici, affinché legiferino per il nostro interesse; paghiamo i giudici, magistrati e forze dell’ordine, affinché tutelino le leggi per il nostro interesse; paghiamo i medici, affinché si prendano cura della sanità nel nostro interesse. Il tutto tenuto insieme dal collante della burocrazia che, attraverso procedure documentabili, faccia in modo che le leggi vengano applicate… sempre PER IL NOSTRO INTERESSE! Il film mostra come, step dopo step, procedura dopo procedura, inesorabilmente, l’interesse di Stefano non venga tutelato in nessun modo, da tutte queste istituzioni che abbiamo messo in piedi e per il solo fatto di essere considerato un tossico. Tutti i professionisti che lo incontrano, non fanno nulla per compiere il loro dovere: prendersi la responsabilità di eseguire il proprio lavoro, non dico perfettamente, ma normalmente. E soprattutto, non fanno nulla per compiere il primo dovere non-scritto di ogni persona: essere umani nei confronti del prossimo… veramente uno strazio, anche perché alla fine il film riporta un dato agghiacciante: Stefano è solo uno degli oltre cento morti nelle carceri del 2009 e tutti morti in circostanze sospette;
  • perché ad uscirne sconfitta è la Società! Il danno culturale è enorme perché chi delinqueva, oggi ha un motivo in più per delinquere: il qualunquismo, per cui tutto è uguale perché anche “e guardie”, o “i sbirri” come li chiamiamo dalle mie parti, sono i primi a non seguire la Legge, quindi vale tutto e chi segue le regole è solo un fesso. Un po’ l’ideologia che sta dietro a messaggi-spazzatura come questo.

Queste motivazioni, per quanto mi riguarda, da sole bastano per rendere superfluo l’avere un’opinione su chi ha torto, o ragione: questa non è stata una morte normale. Punto.

Piccola chiosa sul film: è ben girato e, soprattutto, è un film di un equilibrio nella sceneggiatura raro. Tutto è bilanciato: gli errori della famiglia, gli errori dello Stato, gli errori di Stefano. Non crea né eroi, né vittime… tranne una: l’umanità intera.

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