L’equivoco di fondo nella Riforma della #PA

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In linea con la fumosità delle altre riforme del Governo Renzi, si colloca anche questa riforma della PA. La fumosità è data da una somma di alcuni aspetti impossibili da realizzare (tra cui io ci inserisco anche la misura del pre-pensionamento) con un equivoco di fondo: la terzietà dei manager pubblici. L’idea di un manager pubblico distaccato dall’azione politica è… ecco… come si diceva nella Francia del XVIII secolo… una puttanata! O l’ennesima paraculata per poter continuare a gestire i propri impicci indisturbati. È chiaro come il sole che la titolarità dei rapporti tra lo stato e le imprese, o tra lo stato e i cittadini, è passata dalla politica alla burocrazia, cui di fatto competono le relazioni proprie e quelle improprie, cioè corruttive. Chiunque occupi un ruolo di potere burocratico lo gestisce nel modo più lucroso possibile per sé e per le proprie relazioni politiche. Tangentopoli docet, no? La vera via sarebbe quella di rendere trasparenti i rapporti tra queste due aree dello Stato, politica e burocratica, in modo da renderle controllabili dai cittadini (discorso uguale e identico a quello delle Lobby in Parlamento). Questa dovrebbe essere la priorità e non un’illusoria terzietà dei manager che, alla fine, graverà solo sull’attività dei magistrati. La domanda è sempre una: perché non si affrontano le cose per quello che sono e invece si continua a fare del buonismo, che porta solo a confondere le acque?


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