“Il digitale è ancora ritenuto una questione tecnica e non una priorità, trasversale a tutto il resto” questa è l’unica frase che abbia un senso preciso, nelle confuse dimissioni di Alessandra Poggiani (di cui trovi un ottimo resoconto qui). I problemi dell’Agenzia per l’Italia Digitale, per quanto mi riguarda, consistono in un unico grande malinteso: l’agenda digitale, più che non essere una priorità, non ha proprio nessuna considerazione da parte della politica e il caso della Poggiani ne è l’emblema! A distanza di una anno circa, ha subito lasciato l’incarico da direttrice, perché allettata da una possibile poltrona più pesante in Veneto. Naturalmente qui non si vuole giudicare la sua scelta, di cui solo lei conosce le motivazioni profonde, però si vuole mostrare un fatto certo: l’Agid viene comunque giudicata come un posto di serie B, anche da chi lo dirige e dovrebbe crederci. Punto. A ciò si aggiunge una totale noncuranza da parte dell’amministrazione centrale. Basti pensare all’episodio dell’emendamento Quintarelli, misura di buon senso bocciata quasi due mesi fa, da questo sedicente Governo gggiovane e 2.0 (per fortuna ritornato sui propri passi, nel caso specifico). La fragilità dell’Agid, pertanto, è direttamente proporzionale allo scarso interesse politico per la banda larga. Una domanda però: come si concilierà questo disinteresse, con gli ultimi 400 milioni di euro che le sono stati stanziati?
PS: non sarebbe forse meglio affidare tutto alla libera iniziativa privata e in un secondo momento far intervenire lo Stato, come è successo in Romania?… si, esatto… ROMANIA!!!
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