Libertà di Informazione ≠ Libertà di Menzogna

Credits immagine: https://twitter.com/Africanasoul

Una delle piaghe più profonde del nostro presente e che internet sta facendo marcire: il diritto ad informare, anche quando non si è informati sui fatti. La libertà di informazione, scambiata con la libertà di menzogna. Ma andiamo per ordine. Comincerei da qualche domanda di buon senso:

  • perché si confonde il diritto ad esprimere un’opinione, con il diritto ad essere ignoranti?
  • Ti sei mai chiesto se la tua opinione aggiunga qualcosa al dibattito, o sei semplicemente disinformato?
  • E ti sei mai chiesto se, prima di esprimere la tua opinione a riguardo, sei un professionista su quell’argomento di cui stai parlando/scrivendo?
  • Qual è il limite tra la libertà di informare sui fatti e la libertà di “in-formare” i fatti?
  • Quale il limite tra il voyeurismo e la reale necessità di essere informati?
  • Quanti giornalisti sono realmente competenti su ciò che scrivono, visto che in tanti scrivono su tutto (il tipico caso del giornalista che scrive di cinema su un giornale e di politica su un altro)?

Mi rendo conto che la libertà di informazione è un principio sacro, ma è proprio per preservarne la sacralità che bisogna ragionare seriamente su cosa sia diventata l’informazione: intrattenimento, in cui l’opinione viene usata come strumento fascista per confondere la realtà dei fatti. Sì: fascista. Perché ergere l’opinione a metodo coercitivo di informazione è fascista, in quanto non tollera e dissimula, fino a renderli impossibile da ritrovare, i fatti. Capita spesso che, a meno di non aver seguito una notizia dal principio, diventa impossibile risalire ai fatti che l’hanno generata, o ricostruirne la cronistoria, mentre è molto più semplice trovare cosa ne pensa tizio o caio. Perché il giornalismo, soprattutto quello mainstream, ha deciso di abdicare al proprio ruolo e non separare più le opinioni dai fatti ma, anzi, di rendere l’opinione il metodo più utilizzato per informare? Da quando è successo tutto questo? Sarebbe interessante approfondirlo e ci vorrebbero le competenze di uno storico del giornalismo (intellettualmente onesto, naturalmente). Fatto sta che, con l’avvento di internet, questa tendenza si è andata estremizzando perché si è aggiunto un tassello aggravante: le opinioni dei lettori. Grazie alla solita cosmesi dei diritti, per cui è un tuo diritto esprimere un’opinione (anche se disinformata) che sarà garantita dai grandi gruppi editoriali tramite le loro piattaforme web gestite da soscialll-media-cosi-sottopagati, si sta attuando il più grande “dividi et impera” della storia, perché così facendo si allontanano sempre di più i lettori dai fatti, dandogli però la sensazione di conoscerli perché possono esprimersi a riguardo. Fantastico! Chiariamoci: questo processo, prima che i lettori/pubblico ingenui e non, ha come responsabili i giornalisti e tutti i professionisti della comunicazione senza etica, che si suppone siano meno ingenui (anche se sono sempre più convinto che siano pochi i giornalisti realmente prezzolati: la maggior parte dei giornalisti sono pagati per non capire… senza rendersene conto). Sono anni e anni di disinformazione come questo articolo o quest’altro articolo, che hanno causato le tipiche espressioni “se so’ magnati tutto” o “è tutto un magna-magna”. Espressioni che mandano i paesi allo sfacelo perché portano le persone a non ragionare, allontanandole dai propri interessi “reali” verso quelli “percepiti”; il che è una disgrazia per tutti. Tutto questo fascismo dell’opinione (cit. Alberto Bagnai: link) penso ci porti ad una riflessione essenziale: quale libertà è più sacra e fondamentale, la libertà di informare o la libertà di essere informati? Io opto sicuramente per la seconda e non si tratta di una falsa scelta, perché allo stato attuale delle cose la prima lede in maniera estremamente negativa e massiccia la seconda, tanto da rendere impossibile la loro coesistenza. Naturalmente non voglio qui sostenere che bisogna instaurare qualche ministero della verità, o limitare la libertà di informazione in maniera coatta (come stanno cercando di fare varie fascistelle tipo Boldrini, o Clinton), ma sono convinto che sia ormai necessario ragionare seriamente su come preservare la libertà di essere informati.

A proposito della voglia di esprimere assolutamente la propria opinione, prima di farlo ti consiglio di provare il test che trovi a questo link 🙂

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Aggiornamento del 11/03/2017

Avevo dimenticato di aggiungere un addendum a quanto già scritto sopra, che ha come fonte di ispirazione questo post del Prof. Bagnai. La leva più perniciosa utilizzata dal Fascismo dell’Opinione per perseguire i propri scopi, è il seguente ragionamento: “ascolto tutte le opinioni e poi decido con la mia testa”. Un trucchetto psicologico che, innestandosi sul senso di colpa della gente comune nel sentirsi ignorante, non fa altro che far vendere più copie ai giornali, far produrre più telegiornali, talk-show, ecc. Il trucco consiste nello sfruttare il senso di inadeguatezza delle persone (“se non conosci non puoi giudicare”) così da giustificare l’utilizzo del metodo “ascolto tutte le opinioni e poi decido con la mia testa”, che è esattamente l’ideale per tenere sotto controllo gli imbecilli per due motivi: uno, ti fa perdere la risorsa più preziosa che hai, cioè il tempo (perché ne perdi parecchio per andarti a ricercare tutte le opinioni); due, alla fine non capisci più di prima perché hai la mente piena di punti di vista (su questo aspetto, da leggere assolutamente l’ultimo post linkato, perché spiega chiaro e tondo come utilizzare la cultura e la verità per spezzare questo meccanismo).

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Aggiornamento del 23/03/2018

Un piccolo contributo storico a quanto scritto sopra, giusto per capire che tutto ciò non avviene per caso e che, solo conoscendo bene la storia, si può conoscere e manipolare il futuro: il Fascismo dell’Opinione era già stato scritto… indovina da chi? Carl Schmitt nel 1928 (hai capito bene, 1928). Il giurista del Reich, l’avvocato del nazismo, scriveva:

“Potrebbe immaginarsi che un giorno per mezzo di ingegnose invenzioni ogni singolo uomo, senza lasciare la sua abitazione, con un apparecchio possa continuamente esprimere le sue opinioni sulle questioni politiche e che tutte queste opinioni vengano automaticamente registrate da una centrale, dove occorre solo darne lettura. Ciò non sarebbe affatto una democrazia particolarmente intensa, ma una prova del fatto che Stato e pubblicità sarebbero totalmente privatizzati. Non vi sarebbe nessuna pubblica opinione, giacché l’opinione così concorde di milioni di privati non dà nessuna pubblica opinione, è solo una somma di opinioni private. In questo modo non sorge nessuna volontà generale, nessuna volonté générale, ma solo la somma di tutte le volontà individuali, una volonté de tous”.

C. Schmitt, Dottrina della Costituzione, Giuffrè, Milano, 1984, p. 322
1 commento
  1. MΔB
    MΔB dice:

    Scritta in soldoni: il proprio diritto di opinione sta limitando in maniera (forse) irreversibile il proprio diritto ai dati, di cui non discute mai nessuno/a. Domanda: visto il periodo storico di “surveillance capitalism” in cui ci troviamo, quale dei due diritti dovremmo tutelare di più?

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